Viareggio1880dec

2020 anno della Pandemia

Al "gabbio" dentro le quattro mura elenco mentalmente le distopie che ho frequentato nella letteratura e nel cinema, sintomi, manifestazioni dell'imminenza di un terrore che covava nelle zone più riposte del nostro essere. Non è il "gabbio" che mi spaventa ma la "buia", lo spappolamento della mente che avanza di pari passo ai bollettini, messaggi, articoli che corrono sulla rete e mi impediscono di lavorare e vivere.

Fuori della finestra avanza la luce del tramonto, rosata, bellissima, sovrana, per fortuna questa bellezza persiste, è la mia unica guida in questi giorni di passione.

La continua erosione delle nicchie ecologiche ha prodotto il salto di specie, e ci siamo abituati alle epidemie di Aids, Sars, Mers, Ebola, Aviaria, alla vista di operatori in tute fantascientifiche in continenti lontani da noi. Quando il virus è arrivato, il silenzio è calato sulle nostre città, Silenzio e Paura; nello spazio di poche settimane il virus si è propagato e ha rivelato la fragilità di un sistema basato sulla velocità e l'arroganza; il virus ha usato la velocità dei nostri sistemi per diffondersi. Eccoci rinchiusi nelle nostre case ossessionati dalla pura sopravvivenza, terrorizzati dalla nostra vulnerabilità, distanti dai nostri simili che nella paranoia dilagante viviamo come possibili untori. Il puro godimento ci ha consegnato al disorientamento, i peggiori incubi infestano le persone, e in questo naufragio stiamo diventando folli.

L'antica bellezza si è ripresa le strade, andando a fare spesa, sento i miei passi che risuonano sul marciapiede in una luce primaverile che ha una consistenza gaudiosa, nessun segno di presenze umane, vento freddo, due persone oranti nella chiesa vuota di S. S. Annunziata. Al ritorno sui portoni della mia strada trovo appiccicati dei bigliettini rosa scritti a mano, "Andrà tutto bene", la frase puerile che sa di telenovelas non mi rassicura per niente, anzi mi procura una stretta al cuore, senza contare l'ansia procurata dai social intasati di consigli, pareri, scemenze.

Mi accorgo che più siamo diventati civilizzati, più siamo diventati piagnucolosi, non sappiamo sopportare la paura e la paura ci ammala. Il virus questo "sconosciuto" paralizza e impedisce il contatto dei corpi, ci seppellisce nell'obitorio delle nostre stanze chiuse, il virus ha la maestria della morte che abbiamo cercato con ogni mezzo di rimuovere dalle nostre vite, e la morte copiosamente ridistribuisce senso e valore.

Torniamo a guardare l'umano nella sua complessità psichica e fisica e torniamo a riconoscere la trascendenza dello spirito, il virus colpisce i polmoni, il respiro, che nell'immaginario individuale, nelle tradizioni e negli archetipi esprime la creazione, la nascita, la vita. "Quello che ci fornisce Paura e Panico viene somatizzata nell'organo bersaglio che oggi è il polmone", la morte sopravviene per complicanze cardio-respiratorie, per insufficienza respiratoria da polmoniti interstiziali. La paura della morte si scarica sul polmone, facciamoci qualche domanda.

Scriveva Fedor Dostoevskij nel Diario di uno scrittore "La disgrazia è che voi ignorate quanto siete belli. Ognuno di voi potrebbe subito rendere felici tutti gli altri in questa sala e trascinare tutti con sé. E questo potere esiste in ognuno, ma così profondamente nascosto, che è diventato inverosimile. La vostra disgrazia è nel fatto che vi sembra inverosimile".

Marion d'Amburgo, Firenze 20 marzo 2020