Aroldo marinai cena

In pizzeria

A me mi secca anche un po’ diddirlo così apertamente. Non vorrei essere mal interpretato. È che a me di essere serio non mi riesce.

Mi rendo conto che è un brutto segno. Siamo alle solite: passo per superficiale inconcludente e scemo. Sì. Però va anche detto che fior di personaggi pubblici e televisivi sembrano scemi uguale. Questo per gli uomini, maschi. Le signore invece all’opposto la maggior parte gli manca il senso dello humor, hanno la tendenza a prendere le cose più seriamente e magari si sentono più a loro agio con atteggiamenti severi e rigidi, te le vedi che fanno gli occhiacci come a dire: suvvìa, un po’ di contegno! Che però l’inflessibilità è una forma di stupidità, uguale. In ogni caso però le signore e signorine mi piacciono nell’insieme e in quanto tali. Anzi dimolto mi piacciono, non so come fare. Anche questa è un’aggravante.

Sia come sia allora eccoci, nello specifico, ai dipinti che ho fatto nel periodo del coronavirus, cosiddetto. E la scelta è andata su temi sacri, la religione Cattolica, il pantheon dei Santi, le disavventure del Figlio, i miracoli inconsueti. Ora però: vedi come ci ricasco sempre anche scrivendo, nello sciocchezzaio; per forza sono inconsueti i miracoli, se erano abitudinari cosa c’era da mirare.

Questo che si vede adesso è una cena, l’ultima. Altri pittori ci si sono messi e questo non è troppo originale. Io ho detto la mia. Tuttavia non ce l’ho fatta ad astenermi e son ricaduto nel tritello: il titolo è “In pizzeria”. Absit iniuria verbis. Latino. Anche virus è latino. Tutto torna - direbbe la mia amica Viola F. che sa le lingue – è tutto un Rebrechèr. (Che però sembrerebbe un intercalare più fiorentino di verso lo stadio del Campo di Marte. Non saprei).

Scritto, letto, firmato e sottoscritto: Aroldo Marinai

a commento del fatto che mi sono buttato da quell’altra parte con il caso del covid/19.

Aroldo Marinai, Pomarance (PI) 11 aprile 2020

Rinunciazione

È quasi tutto scritto nei testi di Mariologia. Nulla vieta però che si provi ad integrare quello che manca e che ci incuriosisce. Per esempio a certe domande non c’è risposta. Esattamente quando fu assunta in cielo Maria? Non si sa con certezza, anzi nemmeno con vera probabilità.

Dove Maria terminò la sua vita terrena? Due luoghi almeno si contendono l’onore: Efeso e Gerusalemme. Ma il luogo dove nacque si conosce? No, si sa solo che nacque in Palestina, da qualche parte, e anche la data non è certa. Ma si suppone sia attorno all’anno 738 di Roma.

Ecco, partiamo da questo dato presunto ma probabile. Si sposò come usava fra i quattordici e i diciotto anni, presumibilmente più vicina ai quattordici per via degli usi locali. Dunque andò sposa verso il 753 di Roma. Il falegname Giuseppe fece un terno al lotto con questa ragazzetta leggermente incinta, ma ad opera dello Spirito Santo. Tuttavia il punto che ci interessa, e spesso sfugge, è che Maria ebbe l’annuncio della probabile impegnativa e santa futura maternità quando aveva solo nove anni, nel 747 di Roma.

La mia ricostruzione ha che vedere con questo momento arcano e soprannaturale che farebbe tremare i polsi a chiunque.

Immaginate la scena sovraffollata di mocciosi a girelloni, animali a grufolare in giro, gente sbrindellata a curare i propri affari. In una modesta magione la nostra ragazzina, che è stata a prendere acqua alla fonte e la sta versando in vasi di uso quotidiano, viene avvicinata da un personaggio non comune, una persona che chiaramente non è del villaggio, vestito di panni puliti, con un portamento un po’ altezzoso come se avesse paura di sporcarsi le vesti toccando le cose in giro.

Noi chiamiamolo angelo, perché si sa un po’ la storia. Questo bel tipo si rivolge a Maria, che lo guarda a bocca aperta, e la chiama per nome.

- Come fa a conoscere il mio nome?

- Ah, questa è bellina davvero. Ancora non lo sai ma il tuo nome è stato deciso “molto in alto”.

La ragazzina alza gli occhi al soffitto della baracca, e guarda di nuovo il tipo che dietro le spalle continua a sfarfallare qualcosa, sollevando polvere (ma allontanando le mosche).

- Dunque si tratterebbe di questo. Saresti designata per diventare madre, e una madre non da poco. Insomma tuo figlio sarebbe un personaggino di eccelso rilievo.

- Io? Come posso diventare madre se non ho neanche un fidanzato? Non solo non conosco l’uomo ma non lo voglio neppure conoscere. Ho visto com’è andata a finire con il fabbro ferraio e la moglie sempre piena di lividi e contusioni. No no, grazie, ne fo a meno.

- Ma non credo sia prevista una rinuncia. Si tratterebbe di dare i natali nientemeno che al figlio di Dio.

- Beh, fate voi. Io non ci sto. E la smetta di sventolare che mi sporca l’acqua fresca, tanto ho fatto poca fatica a portarla! No no, dica a chi vi manda che non ci sto. Arrivederci.

- Ma io… sinceramente… tornare indietro così scornato… Senti Mariuccia Mariolina Meri, facciamo così, io per ora non riferisco nulla, faccio che non ti ho trovata, e magari tornerò ogni tanto a sentire se hai cambiato parere.

- Torni, torni quando le pare, ma io ho già deciso. Non se ne fa di nulla.

Poi evidentemente qualcosa è successo nei quattro o cinque anni successivi. Forse Maria cambiò parere quando sentì il nome che era già stato assegnato in “alto loco” al figlio promesso: Emmanuele. Non è un brutto nome, avrà pensato, fa chic. Così mi levo da questo posto di merda e vado a vivere altrove, magari a Nazareth, dice che è molto trendy.

Aroldo Marinai, Pomarance (PI) 18 maggio 2020