Ma l'abbiamo fatto...?

In questo tempo sono tante le riflessioni che mi vengono proposte, poche quelle che esprimono sinceramente quello che ho dentro.

Forse più le frasi brevi, quelle che mi fulminano a ciel sereno mi interessano. “il rito crea la comunità “, “la narrazione del terrore”, “la sospensione delle garanzie”, “la teatralità del dolore e della paura”.

Stiamo facendo prove di evacuazione dalla democrazia rimanendo in casa e autoconvincendoci che stiamo combattendo un nemico comune che ha il doppio vantaggio di costruire un senso identitario patriottico (la ritualità che ci unisce) e di addormentare le minoranze e relegare il senso critico a banali complottismi da spiaggia.

Il virus della Spagnola fece 50 milioni di morti e alimentò un clima di insicurezza, paura, sospetto che unitamente alla crisi sociale ed economica che caratterizzò il dopoguerra creò il terreno fertile per la nascita l’ascesa e lo sviluppo del regime.

È vero, ci sono molte differenze rispetto ad allora, abbiamo avuto la Costituzione italiana, la tripartizione dei poteri, il rispetto delle minoranze, l‘alfabetizzazione diffusa, abbiamo ripudiato la guerra, abbiamo evitato la ricostruzione del partito fascista, abbiamo creato le condizioni più favorevoli perché tutti avessero un lavoro, abbiamo di fatto rimosso gli ostacoli di ordine economico e sociale che impedivano il pieno sviluppo della persona umana, abbiamo garantito ai lavoratori una retribuzione sufficiente a garantire a se ed alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa, abbiamo rafforzato, soprattutto negli ultimi anni il sistema di welfare e quello sanitario, abbiamo fortemente investito nella scuola.

 

L’abbiamo fatto? Abbiamo sviluppato questi naturali anticorpi al regime? Tutte queste cose, insieme a tante altre costituiscono la democrazia che è riuscita a sopravvivere nonostante la sua fragilità. Come un organismo vivente anche la democrazia diviene difficilmente attaccabile dai virus della paura, dell’ignoranza, della cattiva informazione, del pensiero unico, quando il corpo è sano i suoi anticorpi agiscono tempestivi, così la democrazia può dare spazio alla partecipazione di tutti gli elementi sani che possano venirle in soccorso, alla dialettica, al dibattito parlamentare, all’ascolto, alla sincerità anche quando questo significa non avere risposte. Solo così potremmo provare a sanare, almeno in parte, la frattura che si è creata nella fiducia fra cittadini e Stato, e non intendo questo falso approccio da “servo sciocco” che stiamo tenendo nei confronti del Governo e dei suoi provvedimenti restrittivi o la “speranza e la fede” che l’abile Francesco sta proiettando dentro di noi. Parlo di ricostruire quel fondamento democratico su cui si gettano le basi del rapporto fra noi e le istituzioni, quelle fondamenta che ci permettono di non dubitare che le tasse da pagare serviranno per una scuola migliore, per una sanità più attenta e pubblica, per rifare strade e ponti, per sostenere gli ultimi.

Il fascismo ha abbagliato la maggior parte degli italiani e ci fa fatto cadere nelle peggiori disgrazie e sofferenze. Il “piano Marshall” europeo oltre a non essere sufficiente e a stuzzicare le mafie ci vincolerà ancora più fortemente mettendo a duro rischio una ricostruzione di cui pochi parlano. Occorre affrontare questo e farlo da subito coinvolgendo tutti nelle idee, nei progetti nella gestione della cosa pubblica, così, forse potremmo provare a ricostruire la fiducia con un approccio olistico ed ecologico non solo climatico ma del pensiero. Siamo un paese agricolo, ricco di tante culture, lingue, differenze ed eccellenze che troppo spesso sono rimaste appannaggio di singoli o di inutili rivendicazioni regionalistiche o provincialistiche.

Evitiamo di dover dire “non c’era alternativa, i provvedimenti restrittivi per garantire la sicurezza sono necessari”. È vero, ma è altrettanto vero che se non riflettiamo sulle motivazioni che ci hanno portato a questo attribuendo le scelte di sospendere le garanzie costituzionali alla sola emergenza e all’infettività del virus ci allontaniamo dalle cause che hanno devastato le sovrastrutture sanitarie e sociali così che non fossero sufficienti ed adeguate ad affrontare questa crisi. Oltre a non affrontare alcuna a riflessione di carattere etico sul senso della vita, sulla sua durata, sulla salute e sui fattori che hanno contribuito a fare dell’Italia un popolo di anziani, malati e imbottiti di farmaci, ci meravigliamo che un virus che ha una letalità media dell’1% colpisca duro in Italia.

In questo periodo leggo, studio e scrivo progetti, oltre a cercare un lavoro visto che sono disoccupato dal 19 gennaio e immaginate quanto sia facile trovare lavoro in questa situazione. Di positivo c’è il tempo a disposizione della mia famiglia, le poche macchine sull’autostrada accanto a casa, l’aria più respirabile e la naturale propensione ad utilizzare varie forme d’arte soprattutto percussive per stimolare l’immaginazione e superare i tanti limiti a cui siamo sottoposti.

 

Andrea Dilillo, Firenze 15 aprile 2020