Viareggio8901dec

Me, la natura-lavoro e ...

Da sempre lavorare e studiare a casa, per me è stato molto più produttivo, senza l’assillo della burocrazia. Questa, direi, assieme a ignavia, corruzione ed evasione fiscale e, più recentemente, l’odio sono i veri virus, e tutto ciò ha messo in ginocchio il Paese già da molto tempo.

Per il resto mi manca l’odore dei laboratori del mio istituto, il profumo dei boschi e le avventure per il mondo, i miei colleghi più giovani e, soprattutto, lo scambio di idee con loro e tanti altri, diretto e non mediato dalle tecnologie.

A proposito di queste, ho potuto ancor più constatare quanto una grandissima parte dell’umanità, nonostante la facilità di circolazione dell’informazione, sia lontana, sia stata allontanata o si sia allontanata dalla scienza, in cui ho avuto la fortuna di crescere e lavorare intellettualmente e ho potuto vedere ancor più di quanto immaginassi quanto potere abbiano i media sulle masse. Ho visto come queste, se non dispongono dei mezzi per valutare e sviluppare il senso critico, siano alla fine facilmente influenzabili. Nonostante i mezzi di oggi tende ancora a prevalere un qualcosa che ancora sa di magia, piuttosto che l’affidarsi alla conoscenza su basi scientifiche.

Eppure, bentornati sul Pianeta! Anche noi dell’età dell’oro, dopo tre generazioni, battiamo il naso sul nostro ruolo di pedine nell’ecosistema. Abbiamo riscoperto che possiamo essere parassitizzati da un organismo di cui siamo il brodo di coltura. Anzi, più siamo e meglio è, più stiamo appressati e meglio è, siamo un concentrato di DNA molto ambito per riprodursi da parassiti come i virus. E come avviene da sempre in natura, dove è che un parassita può spendere meno energie per riprodursi e prosperare? Inizialmente nei più debilitati, i più deboli. Un leone, o un mafioso o a suo tempo un nazista cosa fanno? Attaccano prima i più inermi. Questo è l’ecosistema… Ma quando i parassiti trovano le difese forti che reagiscono, l’aggressività diminuisce e si devono ridimensionare. È la ragione, che ci permette di sopravvivere al meglio in questo ruolo naturale, in cui il virus, o forse il saggio dito di Dio ci hanno riportati. La scienza e la fiducia in essa, la capacità critica valgono, non la magia o vane chiacchiere.

Ho passato nella solitudine uno dei miei migliori compleanni, sì da solo, con la preoccupazione per le mie figlie lontane, che non posso proteggere…ma ugualmente circondato dal loro pensiero, da quello della mia famiglia e dei miei nipoti e da quello dei miei giovani colleghi e da qualche amico. I privilegiati possono affrontare questa cosa, coccolati dallo stato, nella pace, con mille comodità. Si potrebbe affermare che gli occidentali sono nati nel posto e al momento giusto, tutto sommato. Un tempo, con le pestilenze sparivano generazioni intere e per anni in certe zone non si registravano matrimoni e battesimi, ma in quante altre zone del globo ancora oggi questo avviene?

Ho paura dell’Uomo, piuttosto, che non cambia. Per quanto tenue resta la speranza che regga il senso di responsabilità, che ci faccia cogliere l’occasione che questa catastrofe ci offre, dandoci l’opportunità di smascherare i furbi, prepotenti, profittatori, nuovi parassiti. Verso costoro si dovrebbe applicare un giusto rigore. Rivedere dunque le regole della globalizzazione, dell’Europa, dell’organizzazione sanitaria. Noi Italiani, per quanto scalcinati, ma ancora umani per la maggior parte, dovremmo spendere bene il nostro “capitale umano”, che in questa circostanza, ha dimostrato tutto il suo spessore.

Fulvio Ducci, Arezzo 11 aprile 2020

Alìbabà e le 40 pesti

Ultime Notizie! Da un comunicato stampa… “Gli scienziati avvertono che la fornitura globale di nocciole potrebbe essere minacciata da una cimice, già tristemente nota in altri Paesi, che ha recentemente invaso la Turchia. La famigerata cimice asiatica (Halyomorpha halys), originaria del nord-est asiatico, si è diffusa in tutto il mondo attraverso i container di spedizione, riproducendosi liberamente grazie alle temperature più calde e alla mancanza di predatori naturali.”

Questo avviso già riassume tutto, globalizzazione e riscaldamento.

Altro che virus! Avete mai pensato alle conseguenze che una peste qualsiasi delle piante potrebbe avere sul genere umano e la sua storia? Noi Uomini non abbiamo a disposizione più di 30 – 40 specie per alimentarci, credo che due terzi di noi possano contare solo su la metà di queste, in questi 2/3 ci siamo inclusi noi occidentali… la perdita di una di queste può provocare sfaceli.

Solo negli ultimi 60 anni abbiamo regalato al mondo vegetale non so quante pesti, che hanno segnalato i cambiamenti in atto ben prima che noi ci accorgessimo che qualcosa stava facendo ammalare la nostra Sfera.

Già da tempo, poco dopo che la scoperta di Cristoforo ci aveva fatto passare dalla Terrapiatta alla Sfera, la patata, primo prodotto globalizzato, aveva sfamato le popolazioni nordeuropee facendole aumentare di numero. Poi, però, che è successo? È bastato un funghino, arrivasse con le sue spore poco più grandi di un virussino, che nel 1800 un milione di irlandesi morì di fame e un altro milione migrò in America. Conseguenze a catena in meno di un secolo… conquista del West… distruzione degli Indiani… apogeo e saga dei Kennedy… guerra in Vietnam, ’68, libertà.. conquiste sociali… tutto e il contrario di tutto e altro ancora ma che noi abbiamo vissuto e toccato con mano… Tutto questo per un fungo arrivato in Irlanda a metà ‘800…

Bene. Da allora ad oggi?

Solo una punta d’iceberg vi elenco qui: i cipressi etruschi per poco non scomparirono circa 30 anni fa, il cancro del castagno ha distrutto un’intera cultura rurale in Europa, l’abete dei nostri monti sta scomparendo, il frassino è sotto attacco in tutta Europa come anche l’olmo, l’albero delle comunità di campagna, è ridotto a un cespuglio, la Xilella non tocca solo l’olivo ma anche altre centinaia di specie, il pinolo è scomparso dalla nostra economia per colpa di un insetto americano che presto passerà ad altre conifere, il bosso dei nostri giardini all’italiana è sotto attacco di una farfalla cinese (sic)… insomma un quadro scoraggiante, non si fa più pari a rimediare ai danni procurati da questo continuo movimento di organismi indesiderati. Quali catene di conseguenze potremmo ipotizzare, analoghe a quelle per la patata, se si pensa a tutte le pandemie importate che hanno colpito la natura per colpa nostra?

Proviamo a fantasticare moltiplicando per tutte le specie le conseguenze demografiche, sociali ed economiche oltre che ecologiche… ci conviene continuare su questa strada?

Ma niente paura! Avete visto come in due mesi di vacatio hominis la natura ha cominciato a riprendersi le nostre città? Quindi forza e coraggio sono i viaggi a diffondere le pesti, da sempre, non i cinesi.

Fulvio Ducci, Arezzo 3 maggio 2020