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Ogni generazione

Ogni generazione deve affrontare almeno una guerra. La mia, quella della fine degli anni ‘40, fino ad oggi ha potuto dirsi immune dalla tipologia di guerra “canonica” grazie alla deterrenza nucleare che ha spostato la insopprimibile conflittualità dell’uomo (necessaria all’industria delle armi) in regioni più o meno lontane con tempi lunghi o continue con tempi comunque più brevi. Le cosiddette guerre commerciali, finanziarie, industriali, oggi informatiche, sono presenti dagli anni 50 al punto da considerarle connaturate,” genetiche” comunque “innocue per la salute” e tali da far rendere inavvertibili i loro effetti macroscopici a breve o medio termine.

Ora abbiamo iniziato anche noi “vecchi” a conoscere una vera guerra, intesa come effetti distruttivi su una popolazione civile inerme di un attacco indiscriminato da parte di un “nemico - per di più invisibile - che costringe a temere per la propria vita e quanto meno a un cambio radicale delle proprie consuetudini quotidiane. Addirittura, aspetto ancora peggiore per la sua novità, questo nemico invisibile potrebbe materializzarsi nel tuo stesso familiare o nel collega di lavoro, per cui non si può più parlare di solidarietà e aiuto derivante da una vicinanza anche fisica, bensì di separazione e potenziale “sospetto”.

A parte le conseguenze dirette nell’organismo, il problema critico risiede nella durata indefinita e indefinibile di questo attacco fino al momento in cui si potranno usare armi da concepire o sperimentare purtroppo da zero. Da allarmi improvvisi che ci costringevano a correre nei rifugi, ascoltare i boati delle esplosioni, avvertire le scosse del terreno, e poi riemergere all’aperto nel giro massimo di qualche ora (e la vita allora era regolata da tempi lunghi), adesso la casa stessa è “il rifugio”, senza tuoni di bombe ma con tempi di attesa inconcepibili per chi è abituato al tutto e “subito”. Si avverte poi l’esigenza di razionare i consumi alimentari con intelligenza per evitare approvvigionamenti più frequenti e code interminabili, e questa è una novità assoluta che contribuisce ad nuovo “metabolismo comportamentale” che riguarda soprattutto i rapporti con i nostri stessi familiari, sperando che possiamo scoprire di avere una pazienza insospettata che eviti parossismi, intemperanze, esasperazioni.

E posso anche immaginare il momento in cui questa guerra potrà essere dichiarata vinta, e provare lo stesso entusiasmo e commozione che i nostri “vecchi” provarono nel lontano aprile del ’45.

Piero Sant, Torino 22 marzo 2020